Grazie al progredire della ricerca della psicologia dello sviluppo negli ultimi decenni è cambiata l’immagine che noi adulti abbiamo del/della neonat*, delle sue capacità e di come si sviluppa il suo senso del sè e, di conseguena, anche della sua percezione corporea. Invece di un organismo passivo, indifferenziato, che ruota unicamente intorno all’alimentazione e al sonno -come ci è stato descritto per lungo tempo- vediamo un organismo i cui stati interni e le cui capacità di regolazione del comportamento sono già molto complessi. Il/la bambin* non tende a ridurre la stimolazione, ma anzi la ricerca, dato che essa è necessaria per lo sviluppo neuronale. Infatti il/la neonat* è sin da subito immers* in un processo di co-regolazione reciproca con il/la propri* caregiver ed è parte attiva di questo dialogo continuo. In questo processo il contatto gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo del sé in quanto il sé è primariamente corporeo. Del resto fu Freud il primo ad affermare che “l’Io è anzitutto un’entità corporea, […] cioè l’Io è in definitiva un derivato da sensazioni corporee, soprattutto dalle sensazioni provenienti dalla superficie del corpo” (Freud 1923, trad. it., p. 488).

Il contatto non è un fatto meccanico: il nostro corpo è fisiologicamente predisposto a presentare un certo tipo di risposta in base alla qualità del contatto, che è un po’ come dire che abbiamo una predisposizione innata al contatto, e non ad un contatto qualsiasi! Ma un contatto affettuoso, che i ricercatori hanno denominato il “tocco gentile” (McGlone et al., 2014). Infatti, di recente sono state scoperte delle fibre recettive, dette fibre C, che si attivano specificamente con un contatto affettivo, nello specifico per le carezze. Si tratta della scoperta di una sotto-modalità specializzata di percezione ed elaborazione delle proprietà affettive del tocco. Queste fibre si trovano solo sulla pelle ricoperta di peli e non su quella glabra, ad esempio quella del palmo delle mani. La stimolazione preferita per le fibre C tattili afferenti non si sarebbe potuta evolvere in modo più appropriato in quanto queste sono sintonizzate per rispondere alle velocità, alla pressione e alle temperature specifiche sperimentate da un bambino durante il contatto pelle-pelle!


Il/la caregiver, attraverso il contatto affettivo, modula lo sviluppo della percezione corporea del/della propri* bambin*. A livello speculativo, si può ipotizzare che, a seconda della qualità del contatto del/della caregiver, il/la piccol* possa sviluppare una percezione del proprio sé e dei propri confini più o meno funzionale
. Infatti, durante l’infanzia lo sviluppo del sé corporeo non dipende solamente da processi neuro-maturazionali ereditati, ma anche da esperienze relazionali di interazione corpo a corpo, in cui la/il bambin* è immers* dalla nascita, per esempio fare il bagnetto, cambiare il pannolino, essere nutriti, giocare e via dicendo.


In conclusione, si può affermare che le fibre C possono facilitare il processo discriminativo dei confini corporei del sé e tale processo dipende, almeno in parte, dalle modalità di contatto interpersonale con il caregiver. In altre parole, la percezione del corpo è un processo relazionale e si può ipotizzare, a livello puramente speculativo, che la qualità del contatto possa incidere sulle caratteristiche della propriocezione in età adulta.